Pomponio Torelli
Pomponio era il figlio primogenito di Paolo, conte di Montechiarugolo, e della sua seconda moglie Beatrice, figlia di Gianfrancesco Pico della Mirandola. Suo fratello maggiore, Francesco, nato dal matrimonio del padre Paolo con Isabella Contrari, aveva intrapreso la carriera ecclesiastica divenendo abate di Lézat.
Egli si trovò a dover succedere al padre nel 1545, all'età di soli sei anni e l'anno successivo morì anche la madre. Pomponio, ancora minorenne, passò dunque sotto la tutela del duca di Parma, venendo affidati fisicamente dapprima ad Angelo Cantelli ed a Francesco Baratta, e in seguito allo zio Gaspare Torelli (figlio naturale di Francesco).
Evento storico che comprometterà poi la signoria dei Torelli nell'area, sarà in quello stesso 1545 l'investitura ai Farnese del Ducato di Parma e Piacenza, un potere non indifferente che farà cessare le pretese della corte milanese sull'area.
Pomponio compì quindi i propri studi a Padova e nel 1561 tornò nel proprio feudo, ove conobbe una popolana di cui non ci è giunto il nome, ma dalla quale ebbe un figlio illegittimo. Postosi al servizio della corte parmigiana, gli vengono affidati moltissimi incarichi non solo in Italia, ma anche nelle Fiandre e presso le prestigiose corti di Parigi e Madrid, concludendo proprio con Filippo II di Spagna la trattativa per la restituzione di Piacenza nelle mani dei Farnese. In segno di riconoscenza, nel 1583 venne nominato precettore del Duca Ranuccio I Farnese che nel 1586 divenne reggente del ducato per il padre, impegnato negli scontri nelle Fiandre, dove era diventato Governatore dei Paesi Bassi.
Tutti questi onori lo resero però inviso alla corte, e decise perciò saggiamente di fare ritorno a Montechiarugolo, malgrado l'affetto e la stima per Ranuccio I.
Importante fu anche il suo ruolo culturale: da letterato compose liriche, prose e cinque tragedie in versi (Merope, Tancredi, Galatea, Vittoria e Polidoro), in cui mostrò per la prima volta il conflitto tra ragion di stato e affetti degli individui; motivo che viene espresso con vigore, anche se frammentariamente, e che, congiuntamente alla modernità dell'impostazione e allo studio approfondito delle psicologie, lo rende il più importante tragediografo italiano di fine cinquecento, oltreché anticipatore della commedia del XVIII secolo
Morì a Parma il 9 aprile 1608 e venne sepolto nella cappella di famiglia, dedicata a San Giovanni, nella chiesa della Santissima Annunziata, che all'epoca recava una tavola con l'immagine del santo dedicatario che si diceva dipinta dal Parmigianino.